Le malattia di Alzheimer è un processo degenerativo che colpisce le cellule cerebrali, provocando negli anni il declino progressivo e graduale delle funzioni cognitive e il deterioramento delle personalità e della vita di relazione. Dal World Alzheimer Report 2019 emerge che nel mondo 50 milioni di persone soffrono di demenze e che questo numero è destinata salire, a causa dell'invecchiamento della popolazione, a 152 milioni entro il 2050. Questi dati implicano un grande impatto economico. In Italia, il numero totale di pazienti con demenza è stimato in oltre 1 milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte all’assistenza dei loro cari. La malattia di Alzheimer è senza dubbio la più frequente forma di demenze degenerative, responsabile del 50-60% di tutti i casi. La patologia degenerativa ha un esordio prevalentemente senile e raddoppia di prevalenza ogni 5 anni di età, ma può manifestarsi anche in epoca presenile, prima dei 65 anni. La demenza degenerativa tipo Alzheimer costituisce una delle malattie certamente più disabilitanti in età geriatrica contraddistinta clinicamente da un declino progressivo e ingravescente delle capacità cognitive e funzionali.
La demenza è una sindrome clinica caratterizzata dalla perdita di più funzioni cognitive superiori (memoria, linguaggio, riconoscimento, capacità prassiche ecc.), tre le quali invariabilmente la memoria, di entità tale da interferire con le usuali attività sociali e lavorative del paziente. Il disturbo della memoria è il più frequente sintomo di esordio, anche se esistono casi che iniziano con il disturbo del linguaggio, il disorientamento spaziale, cambiamenti di personalità e sintomi depressivi.
Il deficit della memoria all’inizio interessa soprattutto la memoria a breve termine, ad esempio la persona non ricorda più la localizzazione di oggetti che ha spostato in casa e può avere difficoltà nel ricordare l’assunzione dei fermaci. Il deficit del linguaggio o afasia compromette nel tempo il linguaggio parlato e scritto e anche la capacità di comprendere parole e frasi. L’espressione orale tende a semplificarsi e si possono riscontrare delle deformazioni delle parole come ad esempio talovo per tavolo e anomie con circonlocuzioni come “coso” o “cosa per…”. Spesso i verbi vengono usati all’infinito con stile telegrafico.
Ma non bisogna mai dimenticare che accanto al linguaggio verbale esiste una linguaggio non verbale del soggetto umano in lotta per conservare la propria identità in circostanza avverse (Ivy McKenzie).
“A un afasico non si può mentire. Egli non riesce ad afferrare le tue parole, e quindi non può esserne ingannato; ma l’espressione che accompagna le parole, quell’espressività totale, spontanea, involontaria che non può mai essere simulata o contraffatta, come possono esserlo, fin troppo facilmente, le parole… tutto questo egli lo afferra con precisione infallibile." Oliver Sacks, neurologo e scrittore.
Il deficit del riconoscimento o agnosia, è un disturbo del riconoscimento con la difficoltà del soggetto ad identificare entità oggettive attraverso diversi canali sensitivi specifici (agnosia tattile, acustica, agnosia dello schema corporeo). Ad esempio, se si presentano per l’esame dell’agnosia tattile due o più chiavi, queste potrebbero essere riconosciute attraverso il tintinnio anziché attraverso l'esperienza tattile. Si può avere l’agnosia per le fisionomie o prosopoagnosia che è l’incapacità di riconoscere con la vista i visi e le persone dal vivo o in fotografia, fino all’incapacità di riconoscere il proprio viso nello specchio.
“…si guardò intorno alla ricerca del cappello. Allungò la mano e afferrò la testa di sua moglie, cercò di sollevarla, di calzarla in capo. Aveva scambiato la moglie per un cappello! La donna reagì come se fosse abituata a cose del genere.” Da "L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello" di Oliver Sacks
L'aprassia è l’incapacità specifica di effettuare un atto finalizzato, significativo e utile. L’aprassia è una funzione strutturata da una programmazione volontaria, viene man mano ad automatizzarsi. Può essere colpita l’attività gestuale nei suoi aspetti generali o in aspetti particolari come l’abbigliamento, ad esempio con l’aprassia dell’abbigliamento si hanno difficoltà a compiere le azioni usuali per indossare gli indumenti o per spogliarsi. Un tipo specifico è l’aprassia della marcia che comporta un disturbo delle capacità di usare gli arti inferiori ai fini della marcia.
La demenza ha esordio subdolo e insidioso con declino cognitivo e lievi alterazione della personalità e del comportamento che spesso sono attribuiti alle "normali” modificazioni che si accompagnano all’età.
Il decorso, a stadi, è progressivo e con andamento e durata molto variabile da soggetto a soggetto. Nella stadio precoce (demenza di grado lieve) la malattia è caratterizzata classicamente da perdita della memoria per i fatti recenti, difficoltà a trovare la parola giusta nel discorso e a formulare pensieri astratti. In questa fase la memoria è autobiografica resta conservata.
Nella fase intermedia (grado moderato e severo) il paziente appare spesso disorientato sia nel tempo che nello spazio, non è in grado di apprendere e ricordare nuove informazioni, necessità di assistenza anche nelle funzioni basilari della vita quotidiana (mangiare, vestirsi, andare in bagno, ecc.) sono frequenti anche disturbi del comportamento (agitazione, aggressività verbale o fisica, ostilità), i deliri, le allucinazioni, oppure apatia e depressione.
Nelle fase terminale il paziente è costretto a letto, totalmente incontinente e dipendente.
Nel decorso della malattia tutti i sistemi neurotrasmettitoriali risultano interessati, ma particolarmente grave è la compromissione di quello colinergico, meccanismo eziopatogenetico che giustifica l’attuale uso di farmaci in grado di aumentare i livelli cerebrali di acetilcolina, inibendo l’attività dello specifica enzima catabolizzante (acetilcolinesterasi).
Le cause della malattia sono fino ad oggi sconosciute; probabilmente l’origine è plurifattoriale, legata cioè a fattori genetici, ambientali anche allo stile di vita. Il fattore di rischio più importante per lo sviluppo della malattia è l’età, soprattutto fra i 75 e gli 85 anni; tuttavia fra i centenari la malattia di Alzheimer sembra essere rara, al contraria sono più colpiti i soggetti al di sotto di 75 anni.
É di fondamentale importante rivolgersi al medico quando si manifestano le prime avvisaglie di un declino cognitivo. Per riconoscere i primi segni delle malattia si può fare riferimento questi 10 campanelli di allarme per la malattia di Alzheimer:
Se ci sono campanelli di allarme è bene consultare un medico di famiglia che conosce il paziente e valuterà se indirizzarlo ad una visita di screening presso un centro di riferimento, Centro Disturbi Cognitivi e Demenze della ASL (CDCD).